ARANCIONE, IL GENERALE PARLI ALLE TRUPPE
Forse abbiamo finito di spararci la posa su questa Basilicata che sul Covid fa meglio degli altri.
Non fa né meglio né peggio, segue i capricci del Covid e paga, come tutte le altre regioni, le sottovalutazioni dell’estate.
Qui abbiamo un alleato che è il naturale diradamento sociale, ma che è anch’esso un alleato che va portato per mano, governato affinchè diventi uno strumento di difesa in più che altri non hanno. Siamo passati dal verde al giallo e adesso all’arancione e non è il massimo per una regione la cui popolazione di mezzo milione di abitanti è sparsa in ben 131 comuni.
Questo diradamento naturale deve consentire di tenere sotto controllo la popolazione di tutti i comuni della Basilicata, fatta eccezione per i due capoluoghi, cioè si può e si deve contenere sul territorio l’emergenza ed evitare la corsa in ospedale. A patto però che ci si organizzi con urgenza e con chiarezze di idee. E dunque , siccome non c’è il tempo né la possibilità di riorganizzare le strutture pubbliche periferiche, gli uffici di igiene o medici sanitari ( ridotti ad uno sparuto numero) bisogna organizzarsi con i medici che sono sul territorio per la loro naturale funzione: i medici della continuità assistenziale, i medici di famiglia. Tutti, ivi compresi quelli che si sono rifiutati di fare i tamponi rapidi , una incombenza che, con le protezioni necessarie, non può essere rifiutata, se non per cause ostative oggettive. Si verifichi la convenzione e si accerti se ci sono gli estremi per la precettazione,
A tutto questo personale medico che opera sul territorio dovrebbero andare tre compiti precisi: praticare la vaccinazione antinfluenzale, per almeno l’utenza anziana che non può correre il rischio di frequentare gli uffici pubblici b) fare i tamponi rapidi per le categorie a rischio c) seguire telefonicamente gli ammalati a domicilio, sulla base di un protocollo il più possibile unitario. Compito di questi professionisti è poi allertare le USCA per quegli utenti che sono a sospetto Covid , in maniera da evitare che queste unità di emergenza corrano da una abitazione all’altra solo sulla base di segnalazioni generiche da parte dell’utenza. Le stesse USCA, da potenziare fortemente, dovrebbero dipendere da una unità centrale possibilmente attestata nelle due grandi strutture ospedaliere dei capoluoghi, in maniera da coordinare sinergicamente i passi successivi, se isolare il paziente e trattarlo medicalmente ,se ricoverarlo in un reparto ospedaliero e via dicendo. Ci vorrebbe un medico epidemiologo a coordinare nei due ospedali questo rapporto col territorio, evitando i passaggi improduttivi verso uffici che la realtà ha dimostrato non essere in grado di dare risposte. E si concentri in questa specie di centrale di coordinamento provinciale tutti i medici anche delle ASL in grado di farla funzionare come fosse la centrale del 118.
Per coordinare e indirizzare questo lavoro di assistenza medica domiciliare sarebbe importante un webinair settimanale tra i massimi esperti del settore in Basilicata ( parliamo del Dipartimento malattie infettive) e i medici del territorio tutti.
Se parliamo tutti la stessa lingua e ognuno si mette a fare la propria parte, possiamo farcela .
Ma occorre dispiegare subito il massimo di energia organizzativa, da esercitare direttamente sotto il massimo dell’autorità decisionale regionale. In tempi di guerra è il generale che parla direttamente alle truppe.
Rocco Rosa
FONTE TALENTI LUCANI-PASSAGGIO A SUD
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