La Basilicata isolata. Il Piano per il Sud ripete gli errori del passato
Privare il Mezzogiorno d’Italia di un centro logistico nel proprio baricentro fisico è sbagliato. Il M5S ha qualcosa da dire?
Era il 13 luglio 1861 e
dinanzi ai ‘moribondi di Palazzo Carignano’ venne messo in discussione
l’emendamento del deputato Ferdinando Petruccelli della Gattina in merito al
tracciato della linea ferroviaria Salerno – Reggio Calabria. La proposta della
commissione era di passare dalla Basilicata interna e costeggiare lo Ionio fino
a Reggio Calabria. Petruccelli sosteneva invece un tracciato alternativo,
proposto dal governo, che avrebbe costeggiato il Tirreno. In sostanza il
tracciato attuale.
Il relatore della
commissione, il deputato milanese Antonio Allievi, sostenne con acume e
intelligenza la scelta della linea interna dicendo: “Oltre a ciò noi
raggiungiamo un altro vantaggio in questa strada, ed è di congiungere la
Basilicata alle altre reti ferroviarie italiane. Ora, signori, la Basilicata
non solo è già a quest’ora una provincia molto importante, ma è una delle
Provincie che interessano di più dal punto di vista dell’avvenire, perché è una
delle provincie che può ancora fare i più grandi progressi economici.” Sempre a
detta di Allievi, allora banchiere e che poi dal 1871 al 1882 diresse la Banca
Generale di Roma, la scelta del tracciato sul Tirreno oltre a maggiori
difficoltà tecniche dovrebbe “… attraversare appunto la provincia di Basilicata
in una piccola parte di essa che è la più montuosa”.
La discussione sul tracciato
si protrasse per molti anni. Nel mezzo, il 12 maggio 1864, la camera esaminò
una petizione popolare: “Sessantatré abitanti del comune di Colobraro, in
Basilicata, rappresentano alla Camera colla petizione 9653, che sino dall’epoca
della dominazione borbonica era stata decretata una strada che da Sapri lungo
la Basilicata andasse a terminare al mar Ionio; che questa strada era stata
decretata per vedute strategiche, quando si era cercato nel tracciato, che vi
si era fatto, di evitare i comuni popolosi per i quali avrebbe dovuto passare
la strada.” Quindi all’epoca era chiara la necessità di una via veloce di
comunicazione tra lo Ionio e il Tirreno.
La discussione sul tracciato
della linea ferroviaria continuò per anni e anni, tanto da far esclamare al
povero Pietro Lacava nella seduta del 31 maggio 1879: “Signori, se lasciate la
questione dell’Eboli-Reggio al potere esecutivo, voi prolungate la lotta per
altri 8 anni; … omissis … Se una risoluzione potesse prendersi subito, in un
giorno, in due, potreste pure lasciarla risolvere al potere esecutivo, ma non
dovete mai lasciare al potere esecutivo una questione che per molti anni potrà
trascinarsi. … omissis … Io desidero che sia finita, e sia finita per legge,
affinché ciascuno di noi, una volta approvata la legge, possa dire:
definitivamente la linea Eboli-Reggio passerà per il tale o tale altro punto.”
Dico povero perché Lacava
passò alla storia come quel ministro delle Poste e Telegrafi che scrisse di
propria mano “Alla Longara”, che era un manicomio, sulla lettera di richiesta
di finanziamenti pubblici di Guglielmo Marconi per il telegrafo senza fili.
Come si vede le fake news non sono nate con i social poiché quando il corletano
Lacava reggeva il ministero, dal1889 al 1891, Guglielmo Marconi aveva solo 15
anni e non aveva ancora udito lo sparo di conferma della prima trasmissione
radio che avvenne solo l’8 dicembre 1895. Ma le fake news sono dure da smontare
tant’è che blasonate testate e sedicenti giornalisti, quegli stessi che
combattono i social e le loro fake, continuano a tutt’oggi nel tramandato tale
sciocchezza.
L’Attuale Piano per
il Sud
Passano i decenni ma ancora
oggi si perpetua l’errore di isolare la Basilicata e privare così il
Mezzogiorno d’Italia di un centro logistico nel proprio baricentro fisico.
Il
piano per il Sud presentato del ministro Provenzano sul
tema delle grandi infrastrutture al Sud parla di AV tra Salerno e Reggio
Calabria, tra Napoli e Bari e di potenziamento della statale ionica. Insomma
nel centro fisico del Mezzogiorno non insulare, ossia in Basilicata, permarrà
l’attuale deserto infrastrutturale.
Inoltre, e mi spiace dirlo,
l’insieme delle misure di piano sono una ripresa e messa in ordine di azioni ed
iniziative già in essere e di cui ci si propone, soltanto e banalmente, di arrivare
all’attuazione. Vi assicuro, vista la grande speranza che avevo messo su questo
piano, che sono addolorato nel costatare che di là dai paroloni e dalla
retorica che coinvolge l’ONU e i buoni sentimenti questo piano è privo di
visione strategica e di innovazioni reali di metodi e approcci.
Solo a titolo di esempio,
oltre al mancato riconoscimento della necessità di un centro logistico, non c’è
alcun riferimento alla necessaria riorganizzazione del sistema aeroportuale,
alla integrazione delle infrastrutture ferroviarie, stradali, autostradali,
merci e persone, al potenziamento delle dorsali adriatiche e tirreniche
ferroviarie per le merci e alla loro interconnessione. Si citano le ‘Vie della
seta’ e si fa riferimento all’ultimo miglio dei collegamenti con il sistema
portuale dimenticano che mancano tutte le miglia precedenti. Si parla di
centralità del Mediterraneo senza enunciare le politiche, anche quelle di
politica estera e di difesa, per rivitalizzare l’intera area.
Ancora una volta si punta
sugli incentivi. Mai hanno funzionato e mai funzioneranno.
Ricordo mio padre, che fu
sindaco di un paese lucano, e che si chiedeva come mai al Sud una scuola si
dovesse costruire con l’intervento straordinario della Cassa per il Mezzogiorno
mentre al Nord la si costruiva con la fiscalità ordinaria?
La stessa domanda la rivolgo
al ministro Provenzano: perché gli asili al Sud devono far parte di un piano
straordinario mentre al Nord vengono realizzati con l’ordinaria
amministrazione?
Certamente in una ottica
puramente keynesiana il piano è in grado di far aumentare il PIL del
Mezzogiorno di circa 1- 2 punti anno ma non modifica l’assetto infrastrutturale
e la visione generale dello sviluppo del Sud.
Troppe sono le dichiarazioni
di intenti, come il coinvolgimento dei capitali privati e degli investitori
istituzionali, che non trovano una azione corrispondente e poche le ambizioni.
Veramente poche per un piano
che dovrebbe durare fino al 2030 per alimentare qualsiasi speranza e convincere
i nostri talentuosi giovani a non fare le valige.
La questione politica
Peccato, perché dal 1861
sono passati quasi 160 anni e si continuano a ripetere gli stessi errori. Con
l’aggravante che da Allievi ad oggi i rappresentati della politica, e la intera
classe dirigente milanese, inseguendo un improbabile sogno mitteleuropeo, si è
chiusa nella ridotta del quadrilatero della moda a guardarsi l’ombelico senza
più neanche provare ad occuparsi del futuro del Paese, oltre che della propria
città.
Peccato perché mentre nel
1861 il parlamento discusse con passione del futuro del Mezzogiorno oggi il
Piano per il Sud è stato elaborato senza alcun confronto e discussione in
parlamento e nella società. Con l’aggravante che il Movimento 5 Stelle pare
rinchiuso nelle visioni di revanscismo pauperista e incapace di dare una
prospettiva di sviluppo al Paese.
Peccato perché nel Piano di
sviluppo della Regione Basilicata, che il M5S aveva presentato nella ultima
tornata amministrativa regionale, c’era una visione più ampia, concreta ed
operativa dello sviluppo del Sud di quella contenuta nell’attuale piano del
governo. Forse qualcuno potrà dire che sono parte in causa avendo contribuito a
produrre quel piano ma quel documento porta il logo M5S, non il mio.
Perché è stato abbandonato
sia dal governo precedente sia dall’attuale? Eppure a presentarlo agli elettori
era venuto Conte, Di Maio, Lezzi, Liuzzi, Buffagni, Castelli, Costa, Pedicini,
Bonisoli, Corrao e tanti altri. Lo avevano letto? Lo avevano condiviso
realmente?
Perdonatemi ma ogni dubbio è
legittimo e mi sento un po’ preso in giro insieme a tutti gli altri elettori
lucani.
Credo che almeno i
consiglieri regionali del M5S, Leggieri, Perrino e Carlucci, che su quel piano
sono stati eletti, dovrebbero chiedere a Conte e alla dirigenza del M5S
nazionale i motivi per cui non solo quel piano sia stato abbandonato ma perché
abbiano lasciato al PD la bandiera di un piano per il Sud, per quanto modesto
sia, dando la sensazione che solo il PD sia in grado di proporre qualcosa di
utile per il Paese.
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